Oh Canada.

Scorrendo tra i vecchi post mi rendo conto che condivido solo immagini con colori freddi da un bel po’ di tempo a questa parte: quindi stavolta eccovi del calore.

 

 

 

 

Questo mi ricorda una cosa di cui M. (la solita ovviamente) mi ha suggerito di parlare sempre nel famoso pomeriggio in cui ha confessato di aver paura degli ombelichi. Casualmente, poi, sono almeno tre giorni che anche facebook mi ricorda con insistenza che è proprio questo il periodo in cui è successo: sono stata in Canada.

Trattasi ormai di un viaggio portato a termine sei anni fa, quando ero ancora giovine ed innocente. E soprattutto brutta. Ad ogni modo, alla modica cifra di 1500 euro circa, sono stata quasi un mese in un paesino vicino ad Halifax, in Nuova Scozia. Per quelli che come me conoscono molto poco la geografia, è una penisola affacciata sull’Oceano Atlantico, più o meno alla stessa latitudine dell’Italia, forse leggermente più a nord.

La partenza risale circa al 25/26 settembre 2010. Da Trento andiamo in pullman fino all’aeroporto di Malpensa, in quel di Milano. Non iniziamo nel migliore dei modi perché, non appena saliamo sul primo aereo per Londra (dove faremo lo scalo) ci comunicano che si parte in ritardo. Però ci offrono la colazione per scusarsi.
Quasi perdiamo la coincidenza, ma sono dettagli, l’aereo super enorme della Air Canada è stupendo e comodissimo, altro che i cosini della Lufthansa.

Dopo sei ore di volo e un pranzo in quota atterriamo ad Halifax giusto in tempo per pranzare di nuovo e veniamo accolti dagli studenti con cui stiamo facendo lo scambio (che poi sono venuti in Italia a febbraio). Io all’epoca manco lo parlavo l’inglese, per le prime due giornate ho vissuto di yes and no, per capirci.

 

Cosa ho fatto in Canada di tanto interessante?

  • Sono andata a lezione: la mattina si usciva alle nove, perché i canadesi non sono idioti e cominciano alle dieci con tutta calma. Per i corridoi c’era gente ancora in pigiama, scene da film, c’era chi arrivava in classe in ciabatte. Ovviamente il sistema è molto simile a quello universitario, quindi ci si muove da un’aula all’altra per andare alla lezione che si ha scelto. Sì, scelgono.
    L’attenzione non è un obbligo, l’importante è non rompere le palle agli altri. Poi se non sai le cose a fine anno tanto sono tutti affaracci tuoi. E, ovviamente, al mattino prima di cominciare si ascolta l’inno nazionale.
  • Ho fatto rafting: è stata una cosa strana, lo devo ammettere. Anche nella mia terra natia il rafting è uno sport abbastanza praticato, quindi avevo una certa idea di cosa fosse. Sbagliata. Lì il fiume era piatto, i gommoni avevano il motore e il divertimento stava nel fatto che la marea, arrivando dal mare e risalendo alla foce del fiume, creava onde non indifferenti. Non sono tornata a casa asciutta ma è stato bello. Probabilmente avrei apprezzato meno se fossi caduta in acqua.
  • Ho visto un film vietato ai minori di 18 anni. Spesso le attività ci lasciavano del tempo libero, non sempre eravamo a scuola o in giro con gli altri italiani. Così io e la mia socia canadese decidiamo di andare a vedere un horror al cinema: Let me in. Trattasi della storia di un bambino che fa amicizia con la vicina (che scopro or ora essere niente meno che Chloë Grace Moretz). In realtà lei è una piccola vampira e non farò altri spoiler. Non aveva ragione di essere vietato ai minori, non c’erano scene di violenza o cosacce strane. Ad ogni modo abbiamo dovuto combattere duramente per entrarci, sfuggendo alla sicurezza e nascondendoci in giro per il multisala. Da non rifare mai più nella vita.
  • Ho vissuto di pancakes. Non mentiamo: come li fanno in Canada nessuno al mondo.
  • Ho fatto fin troppe passeggiate. Non so se avete mai visto il classico paesaggio canadese ma trattasi di distese immense di boschi e laghi. Va da sé che in autunno è un insieme di colori bellissimi e relax assoluto. Accompagnati da due mezzi husky poi, è la perfezione.
  • Ho fatto un sacco di falò in giro, ma non abbastanza. I canadesi non sono stupidi, hanno una sottospecie di mini-caminetto in giardino dove possono tranquillamente accendere il loro fuoco per cuocere marshmellow. E hanno le loro tecniche precise che, dopo un po’, sono più che lieta di aver appreso. Poi c’è stato anche un mega falò in riva al mare tutti insieme stile tumblr, mi pare sempre il giorno del rafting.
  • Ho conosciuto una cultura nuova. Perché oltre a saper fare le americanate meglio degli americani, i canadesi sono anche persone adorabili. Sempre sorridenti, disponibili, più o meno l’esatto opposto della gente che si incontra per strada a Milano alle sette di mattina andando verso la metro. Sono accoglienti, disponibili e sempre pronti ad aiutarti. Un pomeriggio abbiamo dovuto fare un’intervista sul karma per strada e tutti, dico TUTTI, si sono fermati per ascoltarci e vedere se potevano fare qualcosa per noi quando chiedevamo.
  • Ho mangiato un gelato arcobaleno. Non ricordo il nome del gusto, aveva qualcosa a che fare con la luna o con gli unicorni credo. Era il paradiso.
  • Ho pianto l’anima. L’aereo partiva di notte ma ci hanno accompagnati tutti: i genitori, i ragazzi che sarebbero venuti in Italia e anche quelli che invece non l’avrebbero fatto ma con cui ormai avevamo stretto amicizia. Erano tutti lì in aeroporto ad Halifax, a mezz’ora da casa loro anche se il giorno dopo avrebbero dovuto andare a scuola. Erano lì per salutarci un’ultima volta, per dirci “torna quando vuoi” e vederci andare via. Ho pianto per ore, anche in aereo mentre mi godevo l’alba dall’alto.

Ho amato il Canada, è stato senza ombra di dubbio il viaggio che mi ha dato di più, quello che ha lasciato un vuoto tremendo e la voglia di tornare che anche dopo sei anni non se n’è andata. Prima o poi ci vado, li riabbraccio tutti, perché lo sanno che ancora oggi mi mancano e che ancora oggi li penso con il sorriso e li chiamo famiglia, nonostante il poco tempo che ho avuto con loro.

Magari se poi vi interessa vi parlo anche di come sono state folli le due settimane di febbraio in cui loro sono venuti a trovare noi, o di quanto possa essere vantaggioso un viaggio così, ma penso possiate arrivarci da soli.

Adios mis amigos (come sono poliglotta).

 

Ah! Quasi dimenticavo. Il titolo “Oh Canada” altro non è che l’inizio del loro inno, quello che sentivo tutte le mattine alle dieci e cinque minuti che si bloccavano tutti per ascoltarlo non importava di dove fossero. Fatevi un giro su youtube a controllare se vi va, dovrebbe esserci anche la versione fatta da Avril Lavigne.