Natale.

Sono attualmente le 02.07 di giovedì 17 dicembre.

Domani mattina devo avere una vita sociale eppure non mi interessa e me ne sto qui a scrivere ascoltando musica. Anche se, da quando il mio vecchio computer mi ha lasciata la settimana scorsa, non so bene cosa farne della mia vita e non ho ancora idea di dove siano i tasti su quello nuovo, quindi finisco per cancellare e scrivere la stessa parola per almeno tre volte.

Oggi è l’ultimo giorno che passo in questa città triste, poi finalmente domani me ne torno in patria, al mio paesino di 250 anime. Dovete sapere, ad ogni modo, che ogni volta che parlo del mio paesino da 250 anime mi tornano in mente L. (anche se ormai sapete il suo nome) e C., che ormai lo ripetono quasi più di me.

Tornare a casa significa tante cose, soprattutto nel periodo di Natale.

Prima di tutto, significa rivedere la mia famiglia dopo due mesi che sono distante; ho visto relativamente spesso i miei genitori, che vengono a trovarmi quasi ogni venerdì (questa è un’altra storia che non ha bisogno di essere raccontata) quindi sono stata abbastanza fortunata. Prima che il mio Sony Vaio del 2010 mi lasciasse ho avuto l’occasione di vedere i miei nonni super tecnologici su Skype, per una sera. Così hanno fatto il tour del mio appartamento e hanno conosciuto la mia coinquilina. L’altra nonna mi chiama più o meno ogni due giorni per vedere se mi è passato il raffreddore, se non sono ancora morta in qualche attentato alla metro e se il computer nuovo mi piace. L’unico con cui non ho contatti da due mesi per davvero alla fine è il cane e credetemi, non vedo l’ora di saltargli addosso anche se sono pronta a scommettere che sarà lui a saltare addosso a me.

Tornare a casa significa freddo. Perché in questo periodo dell’anno e nel mese a venire la temperatura scende di molto sotto lo zero di solito. Il che significa tanto ghiaccio e io che mi rifiuto di uscire di casa per settimane intere se non per andare in qualche pizzeria a riempirmi di cibo perché, lo ammetto, faccio schifo.

Significa che tra una settimana (credo,giorno più, giorno meno) è Natale. E Natale a casa mia si festeggia in due modi:

Dalla nonna paterna, con prozia e parenti vai dalla parte di mio padre, mangiando lasagne e roast beef, con l’insalata russa della prozia numero due, quando c’è.

Dalla nonna materna, con una specie di strudel salato che fidatevi, non scherza, e arrosto, con abbondante insalata (radicchio rosso per la precisione) perché la nonna è sempre la nonna e mi conosce, sa quanto lo amo. Anche se ogni volta rischia l’embolo per la quantità di aceto che ci metto. Per dessert fragole che ha furbamente congelato in attesa del pranzo di Natale.

Babbo Natale non è esattamente usanza delle mie parti, da noi il 13 dicembre arriva Santa Lucia, quindi non sono abituata a trovare regali sotto l’albero la mattina di Natale, ma sono cresciuta comunque felice. Che poi quest’anno il mio regalo è un favoloso pc nuovo che mi permette di tenere aggiornato questo blog (scommetto che non si era capito).

 

 

Questo Natale significa tanto per me, visto la piega che stanno prendendo le cose. Ho passato davvero molto tempo lontana da casa perché ultimamente non ne sento eccessivamente la mancanza, non ho tempo da perdere per tornare, non ho voglia di farmi ore e ore di treno e tante altre cose. Per qualche strano motivo, sentivo il bisogno di restare qui, anche se ho occasionali momenti in cui vorrei più di ogni altra cosa essere lì.

Dimenticare le mie origini era una delle mie più grandi paure quando sono arrivata in questa città e spero che non succeda davvero, anche se ogni giorno ci sono andata più vicina in questi due mesi in cui, grazie a persone stupende, sto riuscendo finalmente a sentirmi a casa anche qui.

Questo Natale significa, come tutti gli altri, film idioti in tv che non guarderò perché preferisco vedermi i cartoni di Paperino, se li trasmettono ancora. Significa, spero, una giornata passata tutti insieme a fare niente, sperando che mia madre non lavori.

Questo Natale come tutti gli altri significa soprattutto tanta falsità; sono anni che ormai non credo più in un qualsiasi Dio eppure mi ostino a presentarmi in chiesa per questo giorno speciale, come se sperassi che in qualche modo un qualcosa lassù si facesse sentire all’improvviso; per ora non è successo. Per cambiare ci saranno tante strette di mano, sorrisi falsi rivolti a persone che non ho mai sopportato ma che ho sempre finto di sopportare perché doveva essere così e basta. Questo Natale non cambia niente, anche questo Natale è falso.

Per la prima volta questo Natale cambiano i regali: mi sono impegnata, almeno per quanto riguarda mia madre e mio padre, a trovare qualcosa che potessero apprezzare.

Riassumendo brevemente per i curiosi: per mia madre ho preso due giorni di relax in una SPA, cosa di cui ha estremo bisogno visti i ritmi di lavoro che le toccano ultimamente, per papà ho intenzione di prendere un biglietto per portarlo allo stadio a vedere la sua/nostra squadra preferita, quando avrà una domenica libera da perdere.

Ho anche ricevuto regali bellissimi, già che ci siamo; qualcuno mi ha regalato una penna stilografica, cosa che io amo più della mia stessa vita, con tanto di inchiostro nero. Il solo pensiero che qualcuno si ricordi cosa mi piace e cosa no mi lascia senza parole. E poi abbiamo (anche se non è ancora ufficiale) dei biglietti per andare a vedere una delle mie band preferite della vita (ne parlo un’altra volta, non ci scampate tanto).

 

Avrei voluto fare di più, qualche rimorso lo ho.

Avrei voluto prendere regali al mondo, per tutti quelli che conosco, per dimostrare almeno una volta nella vita che ci tengo anche io. Avrei voluto regalare il mondo intero ai miei genitori e alla mia famiglia, perché una cosa in questi due mesi lontana da casa l’ho capita chiaramente: loro mi hanno dato la vita e il loro tempo, meriterebbero di essere ringraziati per ogni respiro che fanno, il regalo più bello è quello.

 

Prima di chiudere voglio augurare a chiunque legga di passare il Natale più felice della sua vita, accanto a chi ama e di riuscire ad apprezzare ogni singola presenza, in ogni singolo momento.

Ci lasciamo con tante belle lucine di Natale e una canzone (forse un po’ creepy), Santa Baby dei VersaEmerge (ormai VERSA).

Scusate eventuali errori di battitura, tornerò a scrivere decentemente un giorno.