Pioggia.

Stanotte sono qui perché ho scoperto di amare la pioggia.

 

Ho promesso di finire I Viaggi di Gulliver entro domani mattina, anche se devo ammettere che sono soltanto a metà del secondo libro su quattro e sono le tre e un quarto di notte. Purtroppo sono stanca e sul punto di gettare la spugna, perché anche se continuassi a leggere fino all’alba probabilmente non finirei comunque in tempo. Stranamente, poi, sta cominciando a venirmi sonno.

 

Stavo dunque leggendo, cercando di concentrarmi nonostante io al momento abbia anche altri pensieri per la testa, tra cui alcuni non troppo belli, sul letto con la finestra aperta, quando ho sentito il rumore della pioggia. All’inizio erano solo poche gocce, tant’è che ho pensato si trattasse dell’irrigazione del prato, poi è diventato un meraviglioso acquazzone. Così mi sono affacciata, fregandomene bellamente delle mille pagine che devo ancora leggere e mi sono fermata ad ammirare la bellezza del diluvio universale. Purtroppo mi riesce difficile descrivere la sensazione di pace interiore che mi trasmette il suono dell’acqua che cade sulle foglie degli alberi.

Insomma, ho scoperto oggi, dopo ben ventuno anni, che mi piace la pioggia. Mi piace vedere la luce dei lampioni attraverso un muro d’acqua, oppure il suo riflesso sull’asfalto bagnato. Mi piace respirare il profumo della terra bagnata, anche se di terra in questa città ce n’è decisamente poca. E soprattutto, dopo i trentamila gradi di oggi, finalmente sta rinfrescando un po’.

 

Ora che mi sono messa a scrivere, che penso alle parole e le sistemo, purtroppo la pioggia sta rallentando, ma cominciano a sentirsi tuoni. I temporali, per esempio, li amo da sempre, soprattutto di notte.

Da piccola passavo ore seduta davanti alla finestra a guardare i lampi, non mi permettevo di chiudere gli occhi finché non cominciavano a lacrimare, perché avevo paura di perdermi qualcosa. Da piccola creaturina che ero, mi faceva sentire al sicuro starmene riparata dietro al vetro ad osservare la furia del vento e dell’acqua, che piegavano i rami del mio ciliegio fin quasi a spezzarli. Stranamente non avevo paura e di certo non ne ho ora.

Ecco, ora che ci penso, qui a Milano i temporali sembrano fatti meglio, come se anche i tuoni sapessero che per essere ascoltati in una città tanto grande bisogna fare tutto il rumore possibile; ci sono delle volte in cui addirittura riescono a svegliarmi, anche se ho la finestra chiusa. Inutile dire che amo tutto questo. Adoro svegliarmi e trovare le gocce di pioggia sul vetro, il cielo grigio, il vento, solo per potermi avvolgere meglio nelle coperte; mi fa sentire al sicuro.

 

Eppure, pensavo di essere una persona da sole.

Io ho bisogno di sole per stare bene, soprattutto l’estate, anche se poi cerco disperatamente l’ombra e se non sto attenta tempo cinque minuti e sono un’aragosta. Se devo uscire di casa, però, ho bisogno di svegliarmi e vedere la luce del sole, motivo per cui l’inverno e quando piove vivo meno, perché mi piace starmene comoda a guardare piuttosto che dover uscire a soffrire. Ma forse in effetti è così per tutto il mondo.

Se non altro, però, oggi ho scoperto che amo anche la pioggia, anche quella normale che non fa poi così tanto casino e rinfresca giusto quel po’ che basta per farti dormire tranquillamente e non appiccicato al materasso. E’ l’ennesima conferma che questo mondo è estremamente bello anche nelle cose più piccole che spesso nessuno nota, che io prima di tutti non noto visto che quando vedo piovere il più delle volte sbuffo e preferisco non uscire. E’ che questa vita è bella e fa strano scriverlo quando so benissimo che nessuna parola può esprimere il concetto. E, parlando di questo, la vita è bella sempre, non è che ci vuole la pioggia per poter vedere l’arcobaleno o altre stronzate da film. Ci vuole la pioggia è basta.

 

Ah, oggi ho imparato anche che quando ho sonno comincio a scrivere cose senza senso o a ripetermi come una cretina. Vado a godermi il mio meritato temporale, buonanotte.

(Oh ma il prossimo articolo è il numero quaranta, accidenti.)