Sesta pagina, stelle.

Stelle, perché ultimamente ho letto troppo Dante e mi è anche piaciuto.

Stelle perché ieri notte mi sono ritrovata ad esprimere per l’ennesima volta il mio amore per l’universo al telefono con E.

Per oggi non scrivo nulla, mi limito soltanto a postare il racconto che ho scritto per il concorso che poi non ho nemmeno vinto. Niente, mi manca scrivere qui ma mi manca anche il tempo per farlo purtroppo.

Un ringraziamento a Hubble, che fa il suo bel lavoro, lassù da qualche parte, da ormai venticinque anni, uno ai Nightwish che con il loro ultimo album hanno ispirato tutto questo e tanti ringraziamenti a tutte le persone che l’hanno letto e mi hanno dato un parere positivo che mi ha fatto salire l’autostima. Vi amo tutti.

 

 

 

 

 

24 aprile 1990, il giorno più importante della mia vita.

Una vita spesa con gli occhi sempre rivolti verso il cielo, con un sogno che oggi diventa realtà, un progetto che oggi è stato portato a termine, dopo troppe notti insonni, troppi caffè e troppe brutte copie buttate impietosamente nel cestino del “così non va bene”. La mia è una storia di sacrifici e sforzi che sembravano troppo grandi per l’umanità, di domande troppo complicate per la mia epoca, ma allo stesso tempo la mia è una storia che sono orgoglioso di poter raccontare, oggi più che mai.

Oggi è il giorno in cui finalmente quel progetto a cui molti hanno lavorato è concreto e orbita sopra le nostre teste, fuori dall’atmosfera, oltre la Terra. Oggi il telescopio spaziale Hubble è arrivato fin lassù per dare il via a quella che sarà un’era di scoperte sempre più grandi ed entusiasmanti.

Tutta l’umanità assieme a lui ha avuto il coraggio di andare oltre quella che noi crediamo essere l’assoluta verità, ovvero che in questo universo siamo unici e fondamentali. Da oggi Hubble ci mostrerà finalmente quello che davvero c’è oltre la nostra atmosfera, costringendoci a rinunciare a tutte le nostre assurde illusioni e manie di protagonismo; vedremo una realtà mai vista prima.

Da oggi, spero, avremo il coraggio di buttarci in caduta libera da altezze sempre maggiori senza curarci davvero di cosa ci sta aspettando al suolo. Forse finalmente troveremo la libertà che tanto vogliamo.

 

Mentre seguo il viaggio di quello che all’inizio è stato solo un’idea per tanti anni, non posso non chiedermi dove ci porterà questo sogno, bellissimo e spaventoso al tempo stesso. Scopriremo mai se esistono altri pianeti, in altri sistemi, lontano da noi? Capiremo se l’universo è davvero in continua espansione come alcuni pensano? Riusciremo mai a vedere tredici miliardi di anni lontano da noi, per ammirare la nascita delle prime galassie dopo il Big Bang? Impareremo qualcosa di più sui buchi neri o sulla materia oscura, che tanto ci affascinano?  Sarà proprio Hubble, la mia idea, a farci fare qualche passo avanti in questa ricerca senza fine? Saremo proprio noi, semplici esseri umani, a riuscire a decifrare questo mistero che ci affascina proprio perché irrisolvibile?

Già, noi esseri umani. Siamo sempre stati esageratamente ambiziosi, ma questo è forse uno dei sogni più grandi di sempre, dopo quello di volare. Siamo sempre stati curiosi, desiderosi di spingerci sempre più in alto, fino ad arrivare, letteralmente, a toccare le stelle. Hubble non è che un minuscolo passo per realizzarci, per avvicinarci proprio a quelle stelle che tanto desideriamo, per trovare un altro tassello di questo puzzle infinito che è la conoscenza.

È grazie a tutta quest’ambizione che abbiamo sempre provato l’irrefrenabile desiderio di capire com’è fatto ogni singolo atomo che compone il nostro pianeta, fino a quando un giorno non abbiamo realizzato che siamo noi ad essere minuscoli ed insignificanti granelli di sabbia al cospetto di tutto ciò che esiste al di fuori della nostra atmosfera.

Continuiamo ad aggrapparci disperatamente all’illusione di essere qualcosa di più in questo freddo ed inimmaginabilmente vasto infinito, che nonostante il suo assordante silenzio e la sua noncuranza, non fa altro che darci amore e vita.

 

Anche se ho dedicato tutta la mia esistenza a cercare di capire qualcosa di più riguardo a tutta questa vastità, che conosciamo soltanto in minima parte, non potrei mai desiderare di lasciare questa Terra, un pallido puntino azzurro che vaga senza meta nell’universo, mostrandoci ogni giorno nuove forme di una bellezza unica. Temo che purtroppo il nostro pianeta non basterà più alle generazioni che verranno, spero che sapranno essere viaggiatori ancora più temerari di noi.

Io, nonostante tutta la mia sete di conoscenza, mi accontento di questo momento, mi basta sapere che quel mio sogno si è avverato, che con la ricerca di nuovi pianeti al di fuori del nostro sistema solare sono riuscito a creare un mondo migliore per coloro che verranno. Mi accontento di aver avuto la possibilità di vivere, quando al mio posto avrebbero potuto vivere un’infinità di altre persone sicuramente migliori di me e mi accontento di aver passato questi pochi anni che mi sono stati concessi su questa Terra a cercare di capire come ciò sia stato possibile.

 

Un giorno, noi esseri insignificanti, potremo dire di essere stati qui, una parte di tutto questo infinito meraviglioso, granelli di sabbia, forse inutili, ma resi speciali proprio dalla nostra curiosità e dalla nostra aspirazione a conoscere tutto quello che ci circonda.

Un giorno anche io morirò, tornando ad essere quel nulla che ero, ma anche io sono stato qui, ho lasciato il mio segno, una piccola parte di me, di cui, lo ammetto, vado orgoglioso.

 

Mi chiamo Lyman Spitzer, sono nato nel 1914, proprio mentre il mondo cominciava a cambiare radicalmente, si modificava giorno dopo giorno con nuove scoperte ed invenzioni.

Ho passato la mia vita a guardare il cielo, sotto la luce delle stelle, distorta dalla nostra atmosfera.

L’idea di lanciare un telescopio oltre ad essa per avere immagini più nitide è stata mia, altri l’hanno portata avanti fino ad oggi, ed eccomi qui, a guardare il cielo ancora una volta.

Mi chiamo Lyman Spitzer, ma sono soltanto uno dei tanti modi che l’universo ha per conoscere se stesso.