La Strada di Cormac McCarthy, un libro letto in un giorno.

Che bello un’altra recensione! Ciao! Siete contenti? Beh in ogni caso sono qua e la farò, perché oggi parliamo di un libro che mi ha lasciata tantissimo soddisfatta: La Strada di Cormac McCarthy. Pensate che, cominciandolo il 3 marzo, il 4 a mezzogiorno l’avevo già finito. Non che sia breve, ma l’ho divorato e sono subito corsa a lasciare una piccola recensione su GoodReads, che comunque non mi basta.

 

La trama è molto semplice e non credo che stavolta finirò col fare grandi spoiler, quindi a meno che non vogliate saperne assolutamente niente, leggete pure tranquilli.

Si tratta di un uomo, un ragazzino e un carrello della spesa che per tutto il libro camminano sulla strada in un mondo segnato dal fuoco di un’apocalisse. Purtroppo non ci viene spiegato cosa sia successo, ma rimangono ormai pochi esseri umani e pochissimo cibo al mondo. In questo contesto di perenne desolazione e terra bruciata, padre e figlio camminano instancabilmente lungo la strada, spingendo il carrello con i pochi effetti personali veramente importanti. La loro meta è il mare.

C’è qualcosa di incredibilmente sbagliato in tutto questo, lo percepiamo attraverso la narrazione. Non è giusto che un bambino di una decina di anni sia costretto a vivere così. A soffrire i morsi della fame e del freddo. A vedere che i pochi rimasti al mondo si odiano e cercano di uccidersi per un pezzo di pane o per un po’ di benzina. Sono l’innocenza e la consapevolezza mischiate insieme in questo bambino che fanno stare in piedi tutto il romanzo e che ti portano a riflettere su cosa sia alla fine veramente importante nella vita.

In un mondo gelido, dove il sole non esiste più e ogni mossa deve essere cauta, altrimenti potrebbe costare molto cara, un bambino è costretto ad adattarsi troppo presto a regole ferree. Gli uomini che camminano sulla strada non sono tutti buoni e gentili come lui e suo padre, questo lo sa bene. Alcuni addirittura hanno cominciato a mangiare gli altri esseri umani per mancanza di altro cibo. Non rimane altro da fare che camminare e camminare.

 

Ovviamente non vi svelo cosa i due troveranno sulla strada, vi dico soltanto che tanti pericoli li attendono. Sono costretti a uccidere, a rubare e a lasciar morire. Soffrono il freddo dell’inverno, vedono il fuoco bruciare tutto quel che è rimasto. Hanno fame e rischiano di morire per mancanza di cibo o per malattia. Spesso devono affrontare nemici più numerosi e determinati di loro. Eppure continuano, con il loro carrello, verso il mare, verso la speranza. Non sempre tutto va male, però. Di tanto in tanto i due riescono a godersi un giorno di tranquillità e un buon pasto caldo.

L’uomo è accompagnato nel suo cammino anche dal ricordo della donna che amava, madre del bambino, e dalla sua malattia. La prima, convinta che non fosse rimasta più alcuna speranza, ha preferito scegliere la via più facile. La seconda, porta l’uomo a tossire sangue sempre più frequentemente, privandolo delle forze e del coraggio. Suo figlio sa che lui sta male, sente che di notte si alza per andare a tossire lontano da lui, eppure non dice niente.

 

Il lettore scopre le loro vicende lentamente, pagina dopo pagina e paragrafo dopo paragrafo, in un piacevole intrecciarsi di presente e passato, sogno e realtà. E’ una scrittura raffinata ma semplice allo stesso tempo, che incalza chi legge a voltare pagina per scoprire cos’altro succede, senza bisogno di grandi colpi di scena. I due personaggi hanno una profondità incredibile, proprio perché il lettore passa con loro tutto il tempo di un viaggio esplorando anche il loro passato e i loro pensieri.

Alla fine, il ritratto che emerge è quello di un mondo senza speranza. Ovunque si volga lo sguardo si trova soltanto distruzione e non è rimasto che poco cibo e troppi assassini e ladri. Senza rivelarvi molto sul finale, posso dirvi che arrivata alla fine avevo l’amaro in bocca, perché nonostante tutti gli sforzi di padre e figlio probabilmente non ci sarà mai un posto degno di loro al mondo. Sono troppo buoni e troppo giusti per potersi adattare.

 

Venendo quindi alla lista delle cose belle e che funzionano direi: tutto. L’intero libro  è progettato bene, sia come svolgimento della narrazione che soprattutto come personalità e profondità dei protagonisti. Mi ripeterò, ma sono davvero credibili e comprensibili. E’ soprattutto attraverso di loro che si comprende la desolazione del mondo dopo la distruzione. Le loro reazioni e capacità di adattarsi a pochi semplici episodi racconta più di mille descrizioni.

Cose che non funzionano? Non sono riuscita a trovarne. Ammetto che magari agli occhi di qualcun altro possano essercene, ma per quanto mi riguarda questo libro è perfezione nella sua semplicità. Non si descrive quasi mai il mondo dopo l’apocalisse, non ci si sofferma sulla psicologia degli altri che camminano sulla strada, ci sono tante domande senza risposta eppure va bene così. Funziona lo stesso e anzi forse funziona proprio perché è così. Per quanto mi riguarda, mi sono innamorata e basta.

Come ha fatto notare qualcuno, il finale potrebbe risultare un po’ banale o scontato, eppure non credo sia assolutamente così. Non riesco nemmeno a immaginare un altro modo di concludere che possa essere così efficace anche se forse si poteva indovinarlo fin dalle prime pagine. Allo stesso tempo, non è così scontato quello che il bambino sceglie di fare, ma questo lo vedrete e lo giudicherete voi leggendo.

Vi lascio con il trailer del film, che sembra fatto abbastanza bene anche se lo fa sembrare un po’ un film d’azione e con una citazione che mi è piaciuta tantissimo.

Ce la caveremo, vero, papà? 
Sì. Ce la caveremo.
E non ci succederà niente di male.
Esatto.
Perché noi portiamo il fuoco.
Sì. Perché noi portiamo il fuoco.

Anche per questa volta ci salutiamo ma ci sentiamo presto perché vi devo assolutamente raccontare della mia laurea. Voi nel frattempo fate i bravi.

(La foto stavolta l’ho fatta io, blame Babi perché sta cercando di insegnarmi come diventare una blogger vera)