Viaggio della disperazione a Lisbona, capitolo 2.

Rieccoci qui per ripartire esattamente da dove ci eravamo lasciati con il post prima, ovvero questo.

 

Giornata tre: ancora in giro.

Iniziamo al mattino con qualcosa di vicino: il Parco di Edoardo VII (che non è un vero e proprio parco ma facciamo finta di niente) e la Estufa Fria, una serra enorme e bellissima. C’erano piante di tutti i tipi, a tratti sembrava di essere finiti in Jurassic Park.

Ci siamo poi mossi verso il Convento do Carmo, una chiesa che è stata distrutta e di cui rimangono solo le rovine. Non capita spesso di vedere opere d’arte e luoghi di culto lasciati a loro stessi, mi è piaciuta davvero tanto. Se andate a Lisbona visitatela, tanto non costa tantissimo.

 

Ci siamo poi mossi verso la Praca do Comercio e siamo saliti sull’Arco. Ok, è carino, ma se accettate un consiglio non vale la pena di pagare per salirci. Comunque se avete la Lisboa Card è gratis, quindi potete farci un pensierino.
Per pranzo siamo andati in una pizzeria che fingeva di essere italiana. Non era male, ma vedere sul menù una pizza con pesche, banane, nocciole, kiwi e ananas è stato un colpo al cuore difficile da superare.

Nel pomeriggio abbiamo visitato l’Oceanario, che è davvero bellissimo se non fosse per tutti i bambini che ci sono. C’è un’enorme vasca centrare che si può ammirare da tantissime angolazioni su due piani, e tutto intorno ci sono altre vasche con le specie più disparate, però davvero, se avete due gemelli ancora nel passeggino evitate per favore.

 

Giornata 4: gita fuori porta.

Con tutta la calma del mondo, abbiamo deciso di prendere un treno per Sintra, che è gratis con la Lisboa Card. Si tratta di un paesino patrimonio dell’UNESCO pieno di castelli e cose belle da visitare. Ci abbiamo messo un pochino ad orientarci una volta arrivati, ma grazie all’aiuto delle guide che grazie al cielo parlano inglese ce l’abbiamo fatta.

Prima di tutto, sappiate che se decidete di andare a Sintra dovete rassegnarvi a ore di attesa per bus navetta strapieni e costosissimi. In macchina non ce la si fa proprio ed è sempre pieno di gente. Dunque, ci sono due tipi di tour che la navetta fa: quello mainstream da 14 euro che va solo al Castello dei Mori (rovine) e al Palazzo Nazionale (uno dei tre che ci sono). Il secondo tour costa pochissimo (sotto i cinque euro se non sbaglio) e fa un giro molto più largo tra svariati castelli e ville più piccoli.

Ovviamente abbiamo optato per l’opzione più economica e ci siamo ritrovati su un pullmino minuscolo e praticamente vuoto. La povertà paga. Comunque, abbiamo visto Quinta da Regaleria, di cui mi dispiace ma non ho fotografie. Si tratta di una villa (a quanto pare appartenuta ad un massone) con un giardino stranissimo pieno di giochi, tunnel sotterranei e statue. Una brutta copia del Sacro Bosco di Bomarzo sostanzialmente. Proprio perché in gran parte già visto in altri giardini, non mi ha entusiasmata.

Al contrario mi sono innamorata del Palazzo di Monserrate. E’ il più difficile da raggiungere, quindi non c’era praticamente nessuno perché tutti si fermano prima e finiscono in code chilometriche. Lo stile del palazzo, residenza nobiliare da poco ristrutturata, è arabeggiante, mentre nel giardino si trova di tutto. Diciamo che è diviso a sezioni, con piante che provengono da un po’ tutto il mondo e addirittura una cappella abbandonata nel mezzo.

 

Purtroppo gli interni erano disastrati quando la ristrutturazione è cominciata e al momento ci si deve accontentare di camminare nei corridoi e nelle stanze vuote, immaginando il lusso di una volta grazie a qualche rara fotografia. Ciò non toglie che io sia follemente innamorata di questo posto. Anche se i fiori all’ingresso, se ci fate caso, sono leggermente asimmetrici rispetto alla fontana e alla facciata. OCD.

Ultima nota: nel negozietto ho trovato della marmellata al vino che si chiamava Wine to Eat ma non ho avuto il coraggio di comprarla. Se vi capita, fatemi sapere.
Per il ritorno, visto che la navetta sembrava non voler più arrivare, siamo saliti su una sorta di apecar modificata per portare quattro persone e abbiamo rischiato la morte più volte. Penso sia stata la cosa più divertente del viaggio.

 

Giorno 5: in giro a caso.

Ecco, camminare a caso per le vie del centro è stata probabilmente la cosa migliore che potessimo fare. Come è successo a Roma e come sarebbe potuto succedere a Londra se ne avessimo avuto il tempo, non c’è modo più efficace di scoprire gli angoli belli di una città.

Usciamo solo in quattro: io, il Coso, il suo migliore amico ed Eriberto. Abbiamo fatto una visitina alla vecchia Cattedrale, ma niente di speciale. Poi, mentre salivamo verso il Castello di S. Jorge ho raccontato tutta la trama di Game of Thrones al povero Eriberto nel giro di mezz’ora. Una volta arrivati abbiamo gabbato l’addetta ai biglietti con tessere “io studio” dell’anno scorso. O meglio, gli altri hanno, perché io ho la carta dell’università. Fatto sta che il Castello in sé non è niente di speciale, ma dall’alto si gode davvero di una bella vista. Mi direte che sono una capra ma non l’ho fotografata perché non rendeva. Magari il Coso sì, un giorno gli chiederemo di farci vedere tutte le belle foto che fa.

Nel girovagare a caso, poi, abbiamo trovato il famosissimo tram 28. Tutte le guide e le persone di Lisbona suggeriscono di farci un giro perché è caratteristico e ti porta in giro a vedere i monumenti più importanti della città. Non fatelo. Non solo è affollatissimo, ma gira voce che ci siano un sacco di ladruncoli pronti ad approfittare della disattenzione dei turisti.

Abbiamo scoperto diverse viottole carine, di cui ovviamente non so il nome quindi non posso suggerirvele. Per cena abbiamo deciso di rimanere dalle parti del centro e ho un altro consiglio per voi. Dalle parti dell’Arco de la Rua Augusta tutti i ristoranti costano tantissimo. Se invece vi prendete un po’ di tempo per inoltrarvi nelle vie che lo circondano scoprirete un sacco di ristoranti gestiti da indiani dove si mangia decentemente e a basso costo.

Sulla strada per il ritorno abbiamo poi avuto modo di constatare che la metro dopo le 23 fa schifo e che il 3G lì sotto non prende. Barbari.

 

Giorno 6: di nuovo in spiaggia.

Stavolta c’è un vento che fa paura, la sabbia ti si accumula addosso e nemmeno te ne accorgi. Giornata passata cercando di non farci caso, magari di aprire un libro, ma ogni tentativo è fallito. Degna di nota la passeggiata che ho fatto con il Coso verso la parte meno frequentata, bellissima e con le onde enormi.

Vi lascio con un’osservazione già fatta: i portoghesi non sanno parlare inglese.

 

Non mi resta che ringraziarvi per avermi seguita in questo viaggio e scusarmi per aver postato poche foto, ma stavolta ne ho scattate davvero poche.

Alla prossima, ci sentiamo presto.