Viaggio della disperazione a Lisbona, capitolo 1.

Avevo sempre sentito dire che Lisbona è una città bellissima. Sia qualche anno fa, quando era una delle opzioni possibili per una vacanza che non si è mai fatta, sia quando è stata scelta come meta di quest’estate. La verità, per quanto mi riguarda, è che non è affatto vero.

Questo viaggio è stato effettuato in gruppo: eravamo io, la mia dolce metà, il suo migliore amico, gli inseparabili Dennis e Ivan, Marco, Eriberto e Marta, che ci ha fatto l’onore di raggiungerci addirittura da Verona.

 

Partenza il 2 agosto ore troppo presto.

Il personale di terra Easyjet mi è sembrato molto più veloce e simpatico di quello di Ryanair, ma magari sono solo stata fortunata io.
Lisbona vista dall’alto dell’aereo sembrava bellissima. Abbiamo sorvolato brevissimamente l’Oceano nell’ultima fase di atterraggio. Poi, essendo l’aeroporto proprio dentro la città, siamo passati qualche centinaio di metri sopra i tetti ed è stato abbastanza emozionante. Sembrava tutto bello, no?
Ecco che, una volta scesi, dopo aver mangiato ed esserci procurati la consigliatissima Lisboa Card (la versione portoghese del London Pass), ci ritroviamo a doverci mettere in coda per fare il biglietto della metro. E che coda. La cosa stupidissima è che, al contrario di tutte le metro normali dove tu fai il tuo biglietto e basta, a Lisbona devi spendere 50 centesimi per un biglietto che poi ogni volta devi ricaricare. Assurdo. Se non altro, si risparmia carta.

Portiamo dunque le valigie nell’appartamento che abbiamo scelto, molto carino con la poltrona massaggiante e tutti i comfort, poi andiamo a fare la spesa. Al Corte Ingles. Che per chi non lo sapesse è un po’ come la Rinascente italiana o Harrods per gli inglesi. Solo che è spagnolo. Cosa ci fa un Corte Ingles a Lisbona e perché c’è un supermercato tra vestiti che hanno prezzi a quattro cifre?

 

Giorno uno: spiaggia.

Grande, grandissimo errore. Probabilmente l’errore più fatale di tutta la vacanza.
Come prima cosa, ci tenevo a farvi sapere che ho avuto un incontro ravvicinato con il karma. Stavo per salire sull’autobus, visto che mi si era fermato in faccia, quand’ecco che la maledetta vecchia dietro di me si mette a sbattermi il biglietto addosso urlando “La fila!!!”. Io sconvolta non so che dire e nel mentre l’autista apre la porta, che va a sbattere direttamente sulla faccia della suddetta vecchia, trascinandola via da me. What a time to be alive.

Comunque Costa da Caparica (a sud di Lisbona, c’è da attraversare una copia fatta male del Golden Bridge per arrivarci) è bellissima. Superati i primi 500 metri che sembrano Rimini, diventa una spiaggia selvaggia, con la sabbia sottilissima e morbida come non mi era mai capitata di sentirla. L’Oceano poi è meraviglioso, non ho parole per descrivere quanto siano belle le onde. Potete chiederlo a quelli che ci fanno surf. Non è esattamente un posto tranquillo perché c’è un sacco di vento, ma è stato bello. Il problema sono i 40 gradi all’ombra, il sole che scotta, nessun ombrellone e l’arietta fresca che viene dal mare che non ti lascia accorgere che stai diventando un’aragosta. Alla sera eravamo tutti scottati e stanchissimi. Non fatelo.

 

Giorno 2: primo giorno di visite.

Iniziamo con il Castello Reale, fingendo che Eriberto sia il Re del Portogallo tornato a casa dopo un centinaio d’anni. Entriamo in biglietteria applaudendo come degli imbecilli e facendoci riconoscere da subito. Anche perché il 90% delle persone capisce/parla italiano. Comunque vale la pena di farsi un giretto al Castello, soprattutto per la stanza della regina. Sicuramente la mia preferita.

Cerchiamo di spostarci verso il Monastero dos Jeronimos (o qualcosa di simile), ma c’è una coda più lunga di quella per l’Abbazia di Westminster quindi lasciamo perdere. A parte il tizio della reception scontrosissimo, posso dire solo che il convento visto da fuori non è malaccio.

Il Monumento alle Scoperte per me è un grandissimo no. O meglio, è un po’ come un quadro impressionista. Se lo guardi da lontano va tutto bene, poi ti avvicini, noti i dettagli e ti chiedi perché.

Cerchiamo di tornare verso casa in autobus, ma i mezzi di terra sono più ingestibili di quelli di Roma. Ore e ore bloccati nel traffico, alla fine abbiamo fatto metà strada a piedi. Senza contare che Lisbona sembra piccola ma non lo è, e se non bastasse ha un chilometro di terre selvagge in mezzo alla città, che la spaccano sostanzialmente in due.

Aggiunte random: le persone per il 90% sono detestabili. Rispondono male, quando e se rispondono. Ho provato con tutta me stessa a parlare inglese, ma a quanto pare lì lo parlano peggio che in Italia, perché è sempre stato impossibile farsi capire. Inoltre, amanti dell’acqua frizzante, mi dispiace dirvi che non c’è questa cultura in Portogallo. O vi accontentate di bottigliette di vetro da 200 ml, o bevete acqua naturale portoghese. Non ne ho trovata nemmeno una marca decente. E comunque hanno le bottigliette di Coca Cola da 237 ml. Una vergogna, sono d’accordo con voi.

 

Siccome ho notato che la cosa sta andando per le lunghe, credo che dividerò questo resoconto in due parti. Per ora vi lascio con l’immagine scattata sotto al Monumento alle Scoperte, raffigurante la copia venuta male del Golden Bridge che vi vedevo prima e una copia venuta ancora peggio del Cristo di Rio de Janerio (che abbiamo scoperto vuol dire “fiume di gennaio”, il Coso è ancora sconvolto).

 

Ecco, una delle cose belle della piazzetta dove si trova il Monumento è il pavimento con la Rosa dei Venti, che però si riesce a fotografare solo dall’alto e io in alto non ci sono stata.

Alla prossima puntata plebaglia.